Ma di che ci lamentiamo noi sardi? La nostra vocazione all’ospitalità iniziò un paio di millenni orsono, con quelli che furono chiamati invasori e che ora sono semplicemente turisti, mentre la proverbiale disunione ci porta a misconoscere persino la nostra gloriosa storia. Quanti tra noi, protosardi in erba, adottati alla cultura tardo-barocca del presidenzialismo imperfetto, sanno chi fosse Amsicora o cosa fosse la Carta De Logu? E perché nessuno c’insegna, nelle scuole del regno, le gesta di Angioy o i fatti di Pratobello? Non dobbiamo lamentarci della dipendenza energetica, poiché abbiamo vinto il concorso nazionale per avere le centrali nucleari di prossima costruzione, che saranno più tecnologiche rispetto a quelle antiestetiche pale bianche che producono energia dal vento. Perché qualcuno si lamenta della crisi economica (che da noi è un fatto endemico, regalando all’isola il primato europeo di disoccupati e di pil procapite) o perché qualcuno ancora chiede il riconoscimento della zona franca e persino dell’indipendenza?
Non si trovano bene questi signori con le ciminiere quasi inattive di Portotorres e di Ottana, o ancora con le esercitazioni militari della Nato a Teulada e a Capo Frasca? E dire che il generoso tutore italico ci aveva amorevolmente preservato dell’invasione dei no global di La Maddalena, aveva tutelato il paesaggio impedendo la costruzione della Sassari-Olbia, ed inoltre ci aveva donato in anteprima assoluta il futuristico digitale terrestre. Ma di che ci lamentiamo, in fondo, noi sardi?
Non si trovano bene questi signori con le ciminiere quasi inattive di Portotorres e di Ottana, o ancora con le esercitazioni militari della Nato a Teulada e a Capo Frasca? E dire che il generoso tutore italico ci aveva amorevolmente preservato dell’invasione dei no global di La Maddalena, aveva tutelato il paesaggio impedendo la costruzione della Sassari-Olbia, ed inoltre ci aveva donato in anteprima assoluta il futuristico digitale terrestre. Ma di che ci lamentiamo, in fondo, noi sardi?
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