venerdì 30 aprile 2010
DONNE E POTERE
“La crescente influenza delle donne è l’unica cosa rassicurante nella nostra vita politica”. Scriveva, alla fine del 1800 Oscar Wilde, scostandosi certamente dalla cultura misogina del tempo. Ai giorni d’oggi, la donna ha colmato solo parzialmente le distanze rispetto al genere maschile, mentre la parità d’opportunità tra i sessi, di fatto, appare ancora una lontanissima chimera. Analizziamo il divario immenso tra uomo e donna riguardo alla partecipazione alla vita politica: sebbene la percentuale di votanti sia simile, in Italia appena una donna su cinque siede in Parlamento, relegandoci agli ultimi posti tra le nazioni europee. A livello governativo i ministeri in mano alle donne sono in genere quelli minori, oppure tradizionalmente legati allo stereotipo femminile, come quello dell’istruzione. Mortificante è poi l’adozione della ministra “bonazza”, a mostrare un modernismo velinista e “telegodereccio”. Le cose non cambiano, anzi addirittura peggiorano in maniera evidente, a livello delle amministrazioni locali, dove i voraci maschietti possono esprimere in pieno le loro capacità d’opportunismo personale e l’attitudine a fare lobby (termine anglofobo che da noi si traduce con il più comprensibile vocabolo “corruzione”). Ci si chiede se le cose non migliorerebbero rovesciando questo tradizionale stato di cose, invertendo le parti per sfruttare il maggiore senso morale caratteristico dell’universo femminile. Ma poi che ne sarebbe del fantastico circo della tricolore politica maschilista, che tanto diverte il mondo intero?
mercoledì 28 aprile 2010
NUCLEARE ? NO, GRAZIE
Berlusconi ha comunicato che, a distanza di vent’anni dal referendum abrogativo sul nucleare, l’Italia “sceglie” di riprendere la strada interrotta. Parrebbe un deciso schiaffo alla volontà popolare: non c’è che dire. Gli italiani sono però ben avvezzi ai soprusi e non se ne faranno una ragione. Che la politica marci (o meglio, marcisca) a velocità differente rispetto agli sviluppi tecnologici, questo non è un mistero. Non c’è scienziato che possa negare come, l’energia atomica per usi civili, sia la forma più inefficiente di produzione energetica, tanto è vero che una centrale nucleare è paragonabile ad una “stufa ad uranio”. Tra 50 anni si esaurirà la materia prima di quella gigantesca stufa, e da lì in poi bisognerà attendere un milione d’anni perché le scorie radioattive esauriscano la propria carica mortale. Figuriamoci cosa succederà in un Paese che ha enormi difficoltà a gestire persino la mondezza! Il vero paradosso sarà ritrovarsi in breve tempo, privi sia di carburanti fossili (petrolio in primis), che d’uranio, e con un sole bello arzillo, che per i prossimi 4 miliardi di anni ci invierà immense quantità di carburante totalmente gratuito. Invece sorrideranno i maggiori estrattori mondiali d’uranio, il Canada e l’Australia (con i giacimenti, però, in mano a multinazionali statunitensi e russe), un prezzo in continua ascesa grazie alla rarità del metallo, che renderà ben presto antieconomiche e superate le centrali nucleari. Saranno proprio come le vecchie stufe della nonna, soltanto un po’ più cancerogene.
lunedì 26 aprile 2010
IL GIORNO DEL GIUDIZIO
Tra i maestri della letteratura sarda, un posto di riguardo spetta al giurista nuorese Salvatore Satta, soprattutto per il suo romanzo, pubblicato postumo, “Il giorno del giudizio”.
Ciò che colpisce di questo libro è l’analisi cruda che l’autore traccia della civiltà sarda, ponendone in evidenza i limiti e le contraddizioni: dall’atavica attitudine alla divisione, alla predisposizione genetica ad essere dominati dallo straniero o dal continentale di turno, all’indifferenza di vivere “inquilini” nella propria terra.
Partendo così dall’analisi di una piccola realtà come Nuoro dei primi del Novecento, Satta traccia un quadro insieme d’amore e d’odio verso la propria città, caratterizzando i personaggi che animavano quei palazzi decadenti e le vie tenute deliberatamente buie.
Egli critica una classe amministrativa incapace, un clero aggrappato ai propri privilegi, un’oligarchia economica collusa con il potere politico, una popolazione ignara di possedere diritti: tutto ciò contribuisce a rendere quest’opera letteraria tremendamente attuale, riportando fedelmente il clima dei nostri tempi, come se un secolo fosse trascorso invano, inossidabile come i massi immobili dei nuraghi o le radici delle querce o come l’incessante urlo del maestrale tra il leccio e l’infinito. E noi sardi ci chiediamo: quanti secoli ancora dovranno trascorrere prima di riappropriarci finalmente della nostra martoriata terra?
sabato 24 aprile 2010
CHI L'AVREBBE DETTO?
Chi l’avrebbe detto che un giorno avremmo assistito al dietrofront di Fini? Prima avevamo partecipato alla cordiale stretta di mano tra il Cavaliere ed il mandante libico dell’attentato aereo di Lockerbie, la sua personale amicizia con il carnefice russo di migliaia di ceceni, e quindi ancora il pubblico elogio a Lukascenko, l’ultimo vero dittatore del mondo occidentale. Chissà se un giorno proveremo l’ebbrezza del coprifuoco notturno che vivono quotidianamente i nostri fratelli bielorussi, oppure se il fitto interscambio russo-italico riuscirà a modernizzare ed a ricapitalizzare la maggiore impresa dello stivale, cioè la mafia.
Tanta è la curiosità per un futuro che mai prima d’ora è parso più incerto, che pervade ogni ganglio vitale dello Stato fin nei più remoti interstizi, impadronendosi dei corpi e delle menti dell’universo dei teledipendenti, utilizzando il rassicurante travestimento da imprenditore vincente, che alterna ai tentacolari artigli della politica l’agghiacciante mediocrità del cattoliberismo all’amatriciana.
Ora che la carta costituzionale sta per essere stracciata, non rimane che inviare nuovi plotoni e nuovi autoblindo nel deserto Afghano, non resta che rassegnarsi alla “disuguale uguaglianza” di pochi di fronte alla legge ed alle mille clausole vessatorie d’un contratto mai sottoscritto con gli italiani seppure in vigore da sempre, chiamato amichevolmente “partitocrazia”.
Chi l’avrebbe detto che un giorno, l’Italia post fascista, sarebbe stata colonizzata dai palazzinari e dai banchieri?
Tanta è la curiosità per un futuro che mai prima d’ora è parso più incerto, che pervade ogni ganglio vitale dello Stato fin nei più remoti interstizi, impadronendosi dei corpi e delle menti dell’universo dei teledipendenti, utilizzando il rassicurante travestimento da imprenditore vincente, che alterna ai tentacolari artigli della politica l’agghiacciante mediocrità del cattoliberismo all’amatriciana.
Ora che la carta costituzionale sta per essere stracciata, non rimane che inviare nuovi plotoni e nuovi autoblindo nel deserto Afghano, non resta che rassegnarsi alla “disuguale uguaglianza” di pochi di fronte alla legge ed alle mille clausole vessatorie d’un contratto mai sottoscritto con gli italiani seppure in vigore da sempre, chiamato amichevolmente “partitocrazia”.
Chi l’avrebbe detto che un giorno, l’Italia post fascista, sarebbe stata colonizzata dai palazzinari e dai banchieri?
martedì 20 aprile 2010
COM'E' IL BICCHIERE?
C’è chi il bicchiere lo vede mezzo pieno, chi invece mezzo vuoto. E’ ben nota, in questo caso, la correlata discriminante tra visione ottimistica e pessimistica della realtà. C’è però chi il bicchiere lo vuole vedere colmo anche quando non lo è, comportamento tipico dell’utopista. Infine, c’è persino chi il bicchiere lo vuole vedere, e farlo vedere agli altri, pieno, ben sapendo che è vuoto: questi è il millantatore. Noialtri, italica gente, ben conosciamo tale tendenza, plasmati a dovere dalla nostrana politica, in cui la menzogna sistematica è alla base di qualsiasi atto. Il livello di tolleranza dell’italiano medio, di fronte alla spudoratezza d’affermazioni palesemente mendaci da parte degli attuali governanti, ha raggiunto ormai la convivenza. Questo è un Paese in cui è possibile credere a qualsiasi frottola, in cui qualsivoglia imbecille può essere nominato dalla partitocrazia a ricoprire importanti cariche istituzionali, in cui l’oggettiva realtà è capovolta ad uso e consumo di poche e selezionate lobby finanziarie che, di fatto, governano l’Italia all’insaputa degli italiani. Il bicchiere sta tracimando di follia collettiva, con la crescente abdicazione del popolo dalla democrazia, incoraggiato in ciò dall’infido livello dell’intellighenzia di regime, dallo spessore morale assimilabile alla delinquenza comune ma dall’elevato potenziale emulativo. Sarebbe ora che il bicchiere venisse finalmente svuotato dall’acqua stagnante, per ricominciare finalmente a riempirlo di serietà e di moralità politica.
domenica 18 aprile 2010
LAMENTO SARDO
Ma di che ci lamentiamo noi sardi? La nostra vocazione all’ospitalità iniziò un paio di millenni orsono, con quelli che furono chiamati invasori e che ora sono semplicemente turisti, mentre la proverbiale disunione ci porta a misconoscere persino la nostra gloriosa storia. Quanti tra noi, protosardi in erba, adottati alla cultura tardo-barocca del presidenzialismo imperfetto, sanno chi fosse Amsicora o cosa fosse la Carta De Logu? E perché nessuno c’insegna, nelle scuole del regno, le gesta di Angioy o i fatti di Pratobello? Non dobbiamo lamentarci della dipendenza energetica, poiché abbiamo vinto il concorso nazionale per avere le centrali nucleari di prossima costruzione, che saranno più tecnologiche rispetto a quelle antiestetiche pale bianche che producono energia dal vento. Perché qualcuno si lamenta della crisi economica (che da noi è un fatto endemico, regalando all’isola il primato europeo di disoccupati e di pil procapite) o perché qualcuno ancora chiede il riconoscimento della zona franca e persino dell’indipendenza?
Non si trovano bene questi signori con le ciminiere quasi inattive di Portotorres e di Ottana, o ancora con le esercitazioni militari della Nato a Teulada e a Capo Frasca? E dire che il generoso tutore italico ci aveva amorevolmente preservato dell’invasione dei no global di La Maddalena, aveva tutelato il paesaggio impedendo la costruzione della Sassari-Olbia, ed inoltre ci aveva donato in anteprima assoluta il futuristico digitale terrestre. Ma di che ci lamentiamo, in fondo, noi sardi?
Non si trovano bene questi signori con le ciminiere quasi inattive di Portotorres e di Ottana, o ancora con le esercitazioni militari della Nato a Teulada e a Capo Frasca? E dire che il generoso tutore italico ci aveva amorevolmente preservato dell’invasione dei no global di La Maddalena, aveva tutelato il paesaggio impedendo la costruzione della Sassari-Olbia, ed inoltre ci aveva donato in anteprima assoluta il futuristico digitale terrestre. Ma di che ci lamentiamo, in fondo, noi sardi?
giovedì 15 aprile 2010
PER IL MIO COMPLEANNO
questo è il segreto per una vita pura
con coraggio e con pazienza
ripercorrere ogni viottolo
senza timore di rivedere l’uomo di prima
con coraggio appunto
chè il giorno più bello è quello passato inosservato
assieme al chicco invisibile chiamato felicità
Lungo questo camino aspro polveroso e infinito
le membra colgono l’essenza delle cose
come il senso delle parole mai dette
e la musica sprigionata dal vento
e la prodigiosa attesa dell’amore
l’affanno crescente e la paura di non farcela
un trionfo di sensazioni nuove seppure presenti da sempre
contrasti irrisolti che chiedono una spiegazione
I filari degli olmi stanno lì da sempre
ad osservare il pensiero dell’umanità
cangiante nella sua straordinaria varietà
Ora qui all’imbrunire ciò che importa
è avere terminato la quindicesima tappa
e trovare un rifugio dai cani randagi
prima di preoccuparsi della prossima metà
Carriòn de los Condes, 15 avril 1693
mercoledì 14 aprile 2010
LA GUERRA CHE NON C'E'
Sono stimati in oltre un milione e trecentomila gli iracheni che hanno perso la vita in seguito alla scellerata e criminale guerra scatenata dalla “democrazia” americana fin dal 2003.
Il dato viene “addolcito” all’opinione pubblica mondiale, raccontando di circa centomila vittime, Nessuno ormai ricorda più nemmeno la causa scatenante il conflitto, nessuno si chiede più, criticamente, come possa il civilissimo Occidente sporcarsi le mani con questa nuova sporca Crociata. I “Media governativi” dedicano sempre meno spazio alla cronaca della guerra in Afghanistan, combattuta anche dal nostro esercito, in barba al dettato Costituzionale che vieterebbe invece qualsiasi intervento armato. Però l’Italia è il Paese dell’interpretazione delle leggi: in questo caso ci hanno spiegato che si tratta di un intervento per mantenere la pace.
La guerra in medio oriente è diventata, nel corso della sua evoluzione, non più un’azione di violenta aggressione, ma quasi un’azione diplomatica, coniando l’ipocrita termine di “guerra preventiva”. Sarebbe a dire che, in previsione di ricevere uno schiaffo, te lo do prima io.
Così come è semplice e beffarda al tempo stesso, la giustificazione che i comandi militari danno delle quotidiane stragi di civili causate dalle bombe intelligenti (che sarebbe più corretto definire distratte). Si parla, infatti, di “tragica fatalità”, considerando il bombardamento alla stregua di una calamità naturale, e chiedendo semplicemente scusa alle vittime. Questa è la nuova guerra: la guerra che non c’è, appunto.
lunedì 12 aprile 2010
IL PARTITO DEI NON VOTANTI
Sono oltre 15 milioni gli italiani che non sono rappresentati nell’attuale Parlamento. Questo è, in buona parte, frutto del meraviglioso regalo che ci fece nel 2005 il leghista Calderoli con la legge elettorale che, egli stesso, definì “una porcata”. Stiamo parlando di oltre un terzo degli aventi diritto al voto, gli appartenenti all’invisibile maggiore partito italiano, gli orfani di questo sistema definito, enfaticamente, “democratico”.
Perlopiù si tratta di votanti che hanno scelto liste e partiti che non hanno superato la soglia del 4%, e la cui preferenza è stata pertanto attribuita ad altri. Quindi c’è la pletora dei non votanti, oppure chi vota imbrattando la scheda elettorale per protesta, oppure ancora chi la deposita candida nell’urna. E’ questo il partito che, pur senza un programma né propri candidati, primeggia nelle preferenze degli italiani, sebbene sia puntualmente ignorato nei dibattiti e nelle tribune politiche. Ora qualcuno tra voi capirà meglio l’orgiastica soddisfazione di tutti i contendenti nel post-elezione: vincitori e vinti, nominati e trombati, tutti loro assicurano la riproducibilità al sistema ai danni dei poveri elettori, grazie soprattutto al sontuoso contributo elettorale ai partiti (classico italico “escamotage” per sostituire l’illegale finanziamento pubblico ai partiti). Propongo infine un quesito per quanti hanno votato alle ultime elezioni politiche: conoscete per caso il nome del deputato e del senatore che avete scelto con la vostra crocetta? Meditate, gente. Meditate.
domenica 11 aprile 2010
LODE AL CARO LEADER
Succede, seppur raramente, che l’agnello possa cacciare il lupo. Succede, ancora più raramente, che un tiranno possa mostrarsi infastidito per l’assenza di democrazia nel Paese che domina. Capita, alle volte, che una minoranza di stolti governanti, possa tenere sotto scacco un intero popolo. Capita invece sempre più spesso, che l’onesto passi per fesso ed il delinquente per eroe. Straziato, umiliato, l’attore interpreta il suo capolavoro mischiando lacrime e singhiozzi, come se la vita non fosse che una breve recita su una porzione di palco scricchiolante. Mai riuscirà a scorgerla quella botola invisibile che separa le sue manie circensi dagli applausi. L’unguento tricologico lo trasforma in un piccolo balilla, il travestimento lo rende servo del suo egocentrismo, forgiandolo a guisa d’un funambolo cieco. Forse qualcuno ancora ricorda il tintinnare delle cento lire sulla carrozzeria cromata dell’auto blu, pochissimi ricordano la contumacia tunisina del Bettino. Succede che qualsiasi scandalo scorra via rapido ed ignavo. Accade che un minuscolo personaggio, che vive circondato da gorilla nutriti dalle super proteine, come un moderno Macbeth, trasformi la pazzia in realtà. Accade tutto ciò a quattro passi dal prossimo, inevitabile, condono tombale. Succede che parole come dignità, rispetto, fierezza, diventino semplicemente boccioli d’alito per innaffiare il passato. Accadeva ciò da qualche parte nel mondo, poco prima che le televisioni cominciassero a trasmettere, a reti unificate, il verbo del “Caro Leader”.
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