venerdì 8 maggio 2009

TERREMOTO



Ho ancora negli occhi la catastrofe. A Karon beach il mio albergo fu travolto in pieno dall’onda tremenda dello tsunami. Qualche minuto fu sufficiente a cambiare la mia vita per sempre. Lo so bene che cosa si prova a vivere la condizione di sfollato, perdipiù a diecimila chilometri da casa, senza poter comunicare, senza neanche potersi fermare a piangere. Si pensa alla morte, ed a quelli meno fortunati di te che non ce l’hanno fatta. Si pensa a quanto ogni cosa, ogni bene materiale sia nulla in confronto alla consapevolezza di sentirsi vivo. Si pensa a quanto tempo sprechiamo ogni giorno nel ripetere gesti inutili, o a quante volte rimandiamo ciò che vorremmo fare ad un dopo che non arriva mai. Quella sciagura giunge inaspettata, e ti coglie nel sonno. In qualche istante bisogna organizzarsi, bisogna scegliere se essere topo o farfalla, se scappare o aspettare, se vestirsi o meno, se combattere oppure lasciare andare le cose. L’adrenalina ti sale su come un vulcano impazzito e ti raddoppia le forze, mentre in pochi attimi fai la scelta giusta, quella che ti salverà la vita.
Lo so bene che cosa ha provato Andrea quella fredda notte d’aprile nel centro storico dell’Aquila. Noi eravamo vicini, seppure ci separassero degli anni, e provavamo a giocare con la vita muovendo le pedine con l’incoscienza di chi ignora che il gioco un giorno potrà terminare. Tutto da quel momento in poi sarebbe stato diverso. Ora noi due ormai ci eravamo finalmente riconosciuti fratelli. E ci fermammo a donare un sorriso alla vita.

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