giovedì 29 luglio 2010

Parrebbe una cosa ovvia e scontata che un parlamentare, piuttosto che un alto dirigente dello Stato, non possano continuare a svolgere le loro funzioni pubbliche nel caso fossero implicati in qualche scandalo che metta in dubbio la propria moralità.

In Italia, purtroppo, da sempre le cose non vanno così. Parrebbe normale, in qualsiasi Paese civile, che un esecutivo che tradisca le aspettative degli elettori commettendo gravi irregolarità sul piano morale, si dimetta al fine di rispettare il patto democratico stipulato con gli italiani.
Parrebbe naturale che alla sola ipotesi di un’organizzazione settaria destabilizzante e parallela allo Stato quale la P3, i suoi membri si auto sospendessero dagli importanti incarichi pubblici, ponendosi così nella condizione di essere giudicati. Parrebbe altresì rispettoso per gli italiani, che l’apparato di governo, prendendo atto di tutto ciò, sospendesse senza esitazioni quei traditori dello Stato.
Parrebbe un fatto logico che l’Italia ponesse al bando definitivamente il sistema degli appalti truccati e l’ignobile tratta dei lavoratori precari, così come lo squallido ed ipocrita sistema dei concorsi preassegnati e della raccomandazione. Parrebbe corretto abolire i privilegi di cui in questo Paese godono in misura spropositata gli editori, i notai, i giudici, i politici, i sindacalisti, gli alti prelati. Parrebbe liberatorio che la smettessimo di essere scherniti a livello siderale, per la classe politica più truffaldina e per il primato mondiale delle auto blu.

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